On.  Presidente del Consiglio, On. Presidente della Regione, Onorevoli,  Autorità, Signore e Signori.

Non è per nulla un’occasione rituale quella odierna.  Anzi, questa è una giornata assai  importante.

RINGRAZIO, quindi,  anch’io gli ex Consiglieri Regionali che l’hanno promossa ed il Presidente dell’Assemblea regionale, on Francesco Talarico, che ne ha compreso immediatamente la portata e l’urgenza di avviare, sullo stesso tema, altre iniziative pubbliche. 

 Perché – ecco un punto che mi piace sottolineare subito – la Calabria ha urgenza di parlare all’Italia. E di uscire dall’emarginazione  e dall’isolamento. Se restiamo chiusi nel nostri confini non avremo futuro! Ma le cose, in questi pochi mesi di Presidenza Scopelliti,   stanno già  cambiando…

 IMPORTANTE questa giornata,  sia per noi addetti ai lavori  che per l’intera democrazia calabrese.  Non dobbiamo più ritenere che  tra  classe politica e  società civile ci sia una “separazione in casa”.  Se questa è la percezione che si ha,  dopo quaranta anni di regionalismo, sono convinto che occorra lavorare per aprire di più le porte ai cittadini. Perché la Regione è dei calabresi che eleggono  liberamente la loro classe politica …

Dobbiamo pertanto pensare al  compleanno della Regione come al  compleanno della democrazia calabrese,   così come tutti noi  l’abbiamo saputa costruire, con i suoi vizi e le sue virtù… Questa celebrazione speriamo serva perlomeno a fare intendere alla politica ed alla società civile che è ora di  agire insieme per essere    protagonisti del nostro destino…

LA PARTECIPAZIONE  al dibattito è necessaria,   ma soprattutto dobbiamo essere consapevoli  che,  separatamente, come purtroppo è accaduto fin qui,  non si va da nessuna parte. 

L’unica forza di cui una regione  del profondo Sud dispone –  specie in questa congiuntura di grave  crisi economica e finanziaria –   è la capacità di essere unita e di concentrare le   forze su specifici obiettivi, anziché disperderle in cento inutili  polemiche interne.

NEL BENE E NEL MALE QUESTA E’ LA NOSTRA REGIONE!  Sarebbe bello che i calabresi tutti,  avvertissero verso l’Istituzione Regione sentimenti di questo tipo. 

SAREBBE inoltre auspicabile che   la storia della Regione  e della  democrazia calabrese entrassero nelle nostre scuole per costruire, fin dai banchi della scuola,  una coscienza civica senza la quale il cittadino è privo di difese e di strumenti per affrontare le sfide dei nostri giorni. In questo contesto, i fatti di Reggio, l’industrializzazione mancata della regione, le battaglie  per  il diritto al lavoro, le lotte contadine  per la terra  che in Consiglio regionale abbiamo onorato  dedicando  un’Aula a Giuditta Levato, rappresentano momenti qualificanti di questo percorso pedagogico e formativo.

L’ISTITUZIONE REGIONE CHE COMPIE 40 ANNI  è un pezzo di democrazia della Calabria  che,  nonostante le delusioni  –  penso per esempio al superamento delle “storiche arretratezze” o  alla “fine dell’emigrazione”,  cui  si faceva riferimento nello Statuto della Regione approvato il 31 marzo del 1971 –    è come il popolo calabrese l’ha voluta. 

Ciò su cui dobbiamo puntare è l’unità della Regione.  Essere uniti in Calabria significa essere più forti a Roma ed in Europa. Le profonde divisioni interne, che originano con la nascita della Regione e si acuiscono con i moti di Reggio – quando  un popolo intero per farsi ascoltare dallo Stato ha dovuto sobbarcarsi l’onere di una protesta che ha provocato  morti e feriti –  hanno  penalizzato la nostra terra. 

Perciò considero il voto dei calabresi  di  marzo 2010,  decisivo per la storia della nostra Regione.  La classe dirigente che ha avuto il mandato di governare deve comprendere  che i calabresi le hanno assegnato anche il compito di porre fine alle storiche divisioni  istituzionali e politiche.

Lo sforzo per andare avanti, dopo questo impegnativo compleanno, richiede, nello stesso tempo, a tutti noi di  fare un primo bilancio sull’attività della Regione e interrogarsi su come procedere. 

A PARTE IL CONSUETO DIBATTITO   fra maggioranza ed opposizione, vi sono temi che riguardano l’impianto istituzionale del Paese e quello delle autonomie locali  che abbisognano, da parte di tutti,  di un’attenta riflessione e di scelte di responsabilità. 

Non va da nessuna parte la Calabria,  se si respingono pregiudizialmente  le innovazioni di sistema che fanno parte del dibattito nazionale.  Le paure rispetto alle novità che nel dibattito nazionale si affacciano, sono cattive consigliere. Lo dico con estrema chiarezza: il regionalismo,  come fin qui si è dispiegato,  che ha proprio  nelle criticità gravi della sanità finita fuori controllo  uno degli aspetti più deleteri, ha urgente bisogno di un aggiornamento. A  mio avviso, lo sbocco non può che essere il FEDERALISMO  e  l’istituzione  DEL SENATO DELLE REGIONI E DELLE AUTONOMIE LOCALI che, assieme alla riforma complessiva dell’architettura istituzionale del Paese,  è già presente in almeno tre progetti di legge, sia di maggioranza che di opposizione.

In questo senso, pur condividendo l’ansia del ministro Tremonti di tenere lontano da noi quanto accaduto in Grecia, credo che l’azione di riforma del Paese sarebbe meglio compresa da tutti se si agisse, contemporaneamente, sia sul fronte del federalismo fiscale che sul fronte più generale  della riforma dello Stato. 

Del federalismo fiscale, che  rimarca l’autonomismo dei territori e la loro capacità di autogoverno, dobbiamo convincerci che non si può fare a meno. La classe dirigente del Mezzogiorno, noi inclusi, deve fare autocritica e rettificare  le modalità di approccio alla cosa pubblica.

Tenere in ordine i conti significa amministrare bene la ‘res pubblica’ per nome e per conto del popolo. Chi non ci riesce è bene che se ne assuma la responsabilità dinanzi agli elettori. Questa è la porta stretta da cui deve passare la classe politica nel Mezzogiorno,  se vuole  riguadagnare affidabilità e credibilità, sia nei confronti dei propri amministrati che del Paese e dell’Europa.

A MIO AVVISO,  sul regionalismo in crisi, sul federalismo in itinere, sulla riforma dello Stato, sulla  riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione che il prossimo anno compirà dieci anni e presenta molte lacune, non fosse altro che per la mole di contenzioso Regioni/Stato che ha generato, le Commissioni consiliari debbono prestare molta  attenzione. 

La posta in gioco è la qualità dello  spazio delle autonomie nel Paese e soprattutto  delle autonomie del Mezzogiorno , il gap Nord/Sud che nonostante i fondi comunitari  non è stato ancora  ridotto. Dobbiamo pensare senz’altro ad accelerare la spesa, ma finalizzandola a processi di sviluppo effettivi che si concretizzino in interventi visibili sul territorio

Ed è in questo contesto, di riorganizzazione  delle politiche pubbliche, che si avverte la necessità di rafforzare ed allargare i canali di comunicazione  fra politica e società, affinché alle esigenze dei  giovani, alle aspettative delle  famiglie, ai bisogni degli  anziani, alle difficoltà del sistema imprenditoriale, corrispondano strumenti legislativi ed amministrativi sempre più mirati. 

Chiudo, ringraziandovi per l’attenzione, con un AUSPICIO e  un MONITO.   

L’Italia sono sicuro che ce la farà “a superare la nottata”. Il Governo ha già dimostrato, benché la situazione mondiale sia allarmante, di saper tenere dritta la barra dei conti pubblici.  

L’AUSPICIO:  non ci si rassegni  ad una  convivenza fra Stato ed  Autonomie in continua frizione ed   in cui la forza dell’uno deve significare   la debolezza dell’altro, perché  se cosi fosse alla fine ne pagherebbero le conseguenze i cittadini e soprattutto il Mezzogiorno.

 IL MONITO:  decisamente il   pluralismo istituzionale, che fa parte della  storia  italiana , è una risorsa,  anche se oggi   per una serie di ragioni  è visto come fonte di inefficienze.  Perciò attenzione alle riforme improvvisate ed alle fughe in avanti! In un quadro in cui è garantita la guida della società dall’alto,  non occorre mai mortificare le autonomie.  Cosi come non si deve mai pensare che le autonomie,  specie quelle della parte ricca del Paese,  possano fare a meno della cornice unitaria che caratterizza, più nel  bene che nel male,  la storia italiana dall’Unità ad oggi  di cui ci sentiamo fieri e parte integrante.


* Capogruppo Pdl

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