Le festività di fine anno, lo sappiamo, si incaricano di chiudere un ciclo ed aprirne un’altro. Stiamo per vivere, insomma, un tempo caratteristico della umana esistenza. Un tempo, dunque, che un cittadino avvertito delle sue responsabilità qualsivoglia sia l’attività che esercita, é portato – indotto direi – ad operare un consuntivo dell’anno che volge al termine ed a formulare le tracce del programma per l’anno che arriva, con la segreta speranza che queste ultime, diversamente da quelle altre, ormai storia vissuta, possano divenire realtà. Se fossimo poeti potremmo azzardare che questa sia la giostra della vita. Ma non lo siamo e, dunque, più semplicemente, rifacciamo questo esercizio alla ricerca di un futuro che riguarda anche noi; fermo restando che la riflessione é riferita non alla persona che la esterna, ma alla Associazione che lui presiede per mandato ricevuto.
I grandi interrogativi.
Prima di enumerarli é corretto, credo, dire chi siamo, un dovere verso i nostri soci in quanto li rappresentiamo ed una giusta considerazione che dobbiamo avere per i nostri lettori.
Siamo coloro che nel 1987 – circa 28 anni orsono – dopo aver concluso il mandato conferito ad essi dagli elettori, hanno deciso di dar vita ad una Associazione senza fini di lucro, con le finalità e scopi fissati nell’art. 1 dello Statuto, che così recita:
“E’ costituita l’Associazione fra gli ex Consiglieri Regionali della Calabria, che si riconosce nei principi e nei valori della Costituzione Repubblicana, che pone a fondamento della propria azione.
L’Associazione ripudia la ‘ndrangheta e ogni altra forma di associazione le cui finalità, palesi ed occulte, siano in contrasto con tali principi e valori.
Essa è aperta alla partecipazione dei Consiglieri Regionali in carica ed opera per l’affermazione e la diffusione della cultura della legalità e per la promozione della partecipazione alla vita ed all’attività delle Istituzioni elettive.
Così definita la condizione del nostro status, risulta evidente il nostro ruolo e la nostra funzione, che si sviluppano rinnovandosi di anno in anno, da qui il dovere di porci e proporci gli interrogativi di sempre:
Dove va la Calabria? E come procede l’istituzione in una realtà fanalino di coda tra le Regioni italiane? NOI e gli ALTRI cosa possiamo fare per dare un contributo positivo e propositivo, per condividere la condizione di sofferenza politica ed istituzionale del presente momento storico, ma al servizio soltanto e nell’interesse esclusivo delle nuove generazioni?
Non ci spinge il desiderio o la voglia di ergerci a giudici di quel che accade o é già accaduto, né abbiamo ritenuto in alcuna circostanza di assumere le vesti di “dottori del tempio”.
Più semplicemente, pensiamo sia nostro dovere di cittadini che, seppure in altro tempo, hanno esercitato ruoli istituzionali di rilievo nella vita della Calabria e che tuttora hanno a cuore le sorti della nostra terra.
Avendo condiviso la scelta di vivere insieme la nostra vicinanza all’impegno politico-istituzionale, coltiviamo con onestà e discrezione la “cultura dei problemi della nostra terra”; un comportamento che denota come alberga, a mo di candela ancora accesa in ciascuno di noi, la passione per la politica. Non solo. Alberga ancora nel cuore e nella mente la viva sofferenza di sempre, anche quella di un tempo in cui “noi eravamo” i responsabili della cosa pubblica, in difficoltà anche noi che con tanta passione e sacrificio abbiamo provato a dare alla nostra terra il futuro che merita o meriterebbe, se soltanto fossimo capaci di riflettere seriamente e cambiare, tutti assieme, i nostri comportamenti, le nostre male pratiche, rimuovere le nostre pigrizie e rendere efficaci e coerenti i rimedi che sperimentiamo, rispetto alle analisi che facciamo, per provare a vivere e crescere preparando una Calabria nuova per le future generazioni.
Dove va la Calabria. E come procede l’Istituzione in una realtà fanalino di coda tra le Regioni italiane?
Non siamo noi a dirlo. Come va la Calabria, lo registrano e rivelano con professionalità e rigore i grandi Istituti di Studi e Ricerca (CENSIS – SVIMEZ etc.) che la classificano agli ultimi posti tra le 20 regioni italiane; la sola Regione che non cresce; anche se a galoppare non ce ne sono tante e tra le stesse regioni meridionali ve ne sono alcune che hanno superato le “macchie di leopardo” e fanno oggi registrare tassi di crescita ormai positivi.
Il trend negativo, insomma, della nostra terra, continua e tarda a manifestarsi una inversione di tendenza nell’agire politico, istituzionale e sociale, come tardano a manifestarsi i risultati promessi e sperati sistematicamente nelle vigilie elettorali.
E’ una amara constatazione che viviamo con una sofferenza che ci inquieta, ci interpella e ci costringe a domandarci del perché di questa condizione, quasi senza speranza.
Ma qualche considerazione sul sistema politico-democratico e sulla “Istituzione Regione” val la pena di provare a farla, senza avere la pretesa di “scoprire le americhe”.
Non ce la sentiamo di dire che siamo sulla strada giusta, il che non vuole significare la espressione di un giudizio ma rappresentare la condizione che viviamo giorno dopo giorno, per non perdere la residua necessità di sperare, essendo rigorosi e sinceri nella interpretazione e lettura della realtà.
Occorre, dunque, leggere la nostra realtà osservando attentamente i tre grandi aggregati nei quali essa si articola: la sua condizione finanziaria-economico-sociale, quella politico-istituzionale e quella politico-partitica, che sommate ci procurano una veduta di “insieme” che dà la misura dei grandi e gravi problemi della Calabria.
La condizione economico-sociale é di tutta evidenza nella sua precarietà e la sua percezione concreta é data in maniera credibile da studi e ricerche che annualmente la rilevano e la espongono alla nostra attenzione perché venga assunta come base per una ricerca seria e concreta mirata a trovare le possibili soluzioni. Questa attività fondamentale non va considerata una perdita di tempo, pena la non esatta conoscenza della realtà, la cui rappresentazione, in tal caso, é lasciata al vivere alla giornata, alla conoscenza spicciola, alla precarietà, alla semplificazione, alla provvisorietà.
I governi che si sono succeduti nella nostra Regione non sempre hanno dimostrato padronanza nella conoscenza della condizione economico sociale calabrese ed é successo, purtroppo, in più casi, che hanno finito con l’operare per affrontarla con programmi e progetti ad essa non commisurati e, dunque, inefficaci a generare il miglioramento della qualità della vita delle comunità e nei diversi territori.
Da quì l’imperativo bisogno di individuare una sede ed uno strumento di natura tecnico-scientifica fortemente motivato, che in maniera sistematica si faccia carico di studiare lo status finanziario – economico-sociale della Calabria e la sua evoluzione, una cognizione fondamentale, da aggiornare annualmente, utilizzando le rilevazioni statistiche degli Enti nazionali e regionali già deputati ad effettuarle.
Si tratta di un lavoro attento di presa di coscienza e consapevole conoscenza della realtà, da diffondere tra l’intera classe dirigente della Calabria, perché ciascuno ne possa disporre e consapevolmente operare, in relazione alle responsabilità che a ciascuno sono affidate, all’interno del sistema democratico.

La storia dell’Istituzione é, anzitutto il derivato del sistema politico – democratico e, dunque, per trovare la vera ratio della crisi della Calabria, occorre cercarla a partire dall’esame spassionato e costruttivo del sistema politico-partitico regionale.
Non siamo fuori della realtà se affermiamo che il sistema politico-partitico regionale attraversa una condizione di profonda inquietudine, in parte indotta anche dai nuovi sistemi elettorali. L’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni e dei Sindaci non c’é dubbio che verticalizzi le responsabilità, come il passaggio a sistemi elettorali maggioritari, se da un lato procura il beneficio di assicurare la governabilità, sicuramente un valore, dall’altro sminuisce un altro valore: quello della partecipazione responsabile.
Non esiste più, o é ridotta a specifici momenti decisionali, la vita dei Partiti. Non é più un valore la discussione, il dibattito e le stesse sedi nelle quali esso veniva assicurato e garantito – come diritto-dovere del cittadino organizzato nelle forme Partito. Non ci sono regole che resistono al tempo e che non siano modificabili a piacimento a secondo delle convenienze contingenti, che la lotta politica comporta, col fine ultimo di “di vincere e comandare” piuttosto che “essere eletti e servire”.
Se non ci sarà il coraggio sufficiente per cercare un assetto diverso e duraturo a queste modalità e regole, che necessariamente devono trovare spazio in un sistema democratico, vorrà dire che abbiamo scelto di scoraggiare la partecipazione alla vita democratica, affidando la responsabilità della gestione della cosa pubblica a gruppi sempre più ristretti di cittadini, una conseguenza a cui dovremo fare molta attenzione.
Un grande Pontefice – Paolo VI – ha definito la politica “il più grande servizio di carità”. Se la politica non ritroverà la dignità che le é propria, per definizione, con regole democratiche durature, uguali per tutti e da tutti rispettate, se non sarà capace o in grado di darsi e rispettare un sistema di regole capaci di assicurare rispetto reciproco e sicura garanzia democratica, é facile presagire che continuerà la deriva con grave vulnus per il sistema democratico. Alcune considerazioni per immaginare come andrà a finire:
• continuerà a diminuire la percentuale dei partecipanti al voto nelle diverse consultazioni elettorali di diverso livello (quanto inferiore sarà la partecipazione al voto, tanto minore sarà il consenso necessario per essere eletti – a prescindere dalle qualità personali dei candidati alle elezioni di ogni ordine e grado, il che scoraggia l’assunzione di responsabilità pubblica);
• continuerà a diminuire l’adesione alle singole forze politiche (credo siamo al minimo storico e quel che c’é é in buona parte dovuto ed indotto dal bisogno, da un favore, dalla parentela, mentre sarà sempre più ridotta l’adesione a principi, valori e bontà dei programmi delle singole forze politiche);
• saranno sempre più feroci le lotte personali per essere eletti e per gestire la cosa pubblica;
• la politica perderà il suo nobile significato, per divenire sempre più “mestiere, furbizia, ingiustizia, sopruso (segnali evidenti, peraltro, sono già abbastanza visibili)”.
Non è questo il futuro che immaginiamo e vogliamo per l’Istituto regionale. Siamo, invece, impegnati da sempre, ad individuare le più utili forme di collaborazione con esso, convinti che questo sia il nostro dovere di cittadini e la ragione per cui l’Associazione è nata.
E’ per questo che abbiamo salutato con autentica e grata soddisfazione la partecipazione del Presidente del Consiglio Regionale, on. Nicola Irto, ai lavori del nostro Ufficio di Presidenza dell’11 novembre u.s.
Quale contributo possiamo dare NOI e gli ALTRI?
Come non avere forte la convinzione che la Calabria é ricca di bellezze naturali, considerando i suoi tesori del soprassuolo dall’Aspromonte al Pollino ed ultraricca di vestigia della storia greco-romana, che testimoniano la rilevanza del patrimonio tramandatoci dai nostri padri, che noi dovremmo con ingegno, con forza e con orgoglio, misti alle normali virtù, saper imprimere all’intero territorio una spinta innovativa ed efficace, capace di trasformarlo in un grande giardino ed in altrettanto grande Museo, all’aperto o coperto.
Negli ultimi due anni abbiamo provato ad approfondire queste problematiche, assieme ad esperti e studiosi delle diverse materie (*) per tentare di indicare attività e settori su cui puntare per uscire dalla stagnazione, perchè siamo convinti che le buone idee, i buoni propositi ed i buoni programmi non mancano ed in ogni caso si fa presto, casomai, a riflettere e rivedere quel che é necessario cambiare, correggere, integrare, aggiornare.
Noi, l’Associazione, inviamo ad ogni scadenza elettorale ai candidati Presidenti della Regione, talune riflessioni, frutto di vita vissuta, di conoscenza, di approfondimenti realizzati nel corso di seminari organizzati con la partecipazione di valorosi docenti delle nostre Università ed altri studiosi ed istituti di ricerca anche tra i più autorevole del nostro Paese.
Anche qualche anno fa lo abbiamo fatto prima delle elezioni del Novembre 2014, immaginando che questo contributo alla elaborazione dei programmi di governo ed alla buona amministrazione della Calabria é il più significativo tra i nostri lavori. Ma é drammatica la totale assenza di ascolto e di dialogo, che non aiuta certo la generazione di sinergie positive e propositive che potrebbero aiutare e migliorare il processo decisionale.
Tutto questo senza capire che fino a quando non troveremo dentro di noi, dei cittadini calabresi tutti, la forza ed il coraggio di confessare le nostre responsabilità, che sono all’origine della arretratezza e della inefficienza della nostra terra, ed affermare concretamente il proposito di agire insieme con la ferma volontà di ovviare a questa visibile carenza di unità d’intenti e cambiare in profondità il nostro modo di agire, non potrà mutare la storia della nostra terra, costretta ancora chissà per quanto tempo, ad inseguire, l’avvento della civiltà e del progresso, della crescita e del lavoro per le nuove generazioni.
E’ vero che é pesante la carenza di infrastrutture che sin dall’unità d’Italia ha costituito il tallone di Achille del Mezzogiorno e che il territorio appare sempre più frequente come lo “sfasciume pendulo sul mare” di Giustino Fortunato – un grande meridionalista. Ed é anche vero che ripercorrendo la storia del dopo l’unità d’Italia e fino ai nostri giorni, l’amara considerazione che emerge é: nessun apprezzabile recupero del divario socio-economico del Mezzogiorno col resto del Paese.
E tanta parte della nostra arretratezza dipende dalla constatazione che non abbiamo saputo fare bene la nostra parte, quella che potevamo e dovevamo fare investendo in maniera produttiva le risorse assegnateci dai programmi nazionali e comunitari, per far crescere una Calabria operosa ed avveduta, tenendo fermo il vincolo della legalità, dell’efficienza e dell’efficacia nell’amministrare. Una responsabilità grave, questa, che é stato l’alibi della politica nazionale per relegare nel limbo la questione meridionale; anzi, per inventare un “federalismo” destinato a privilegiare il maggiore sviluppo delle Regioni del Nord, come se non bastasse il già cospicuo e costante flusso di risorse assegnato dalla Costituzione a tre Regioni speciali, anche se i cambiamenti della storia hanno fatto già da tempo venir meno le specialità che a suo tempo ne motivarono giustamente la assegnazione. Tutto questo non é più accettabile.
Il Governo nazionale deve farsi carico del finanziamento e della realizzazione di programmi di intervento mirati alla creazione di sviluppo ed occupazione, specialmente in Calabria. Come deve elaborare un piano pluriennale per il completamento delle tante opere statali rimaste incompiute sul nostro territorio e da completare con risorse nazionali, un problema che va sollevato con urgenza, per dare servizi indispensabili al territorio. Sempre noi, l’Associazione (tra i tanti che in questo tempo si occupano di valorizzazione del Mediterraneo – specie dopo la notizia del raddoppio del Canale di Suez che procurerà un consistente maggior utilizzo del trasporto via mare sulla rotta Oceano indiano – Mediterraneo – Oceano Atlantico) nel corso di una Conferenza dal titolo “Il Mediterraneo: così vicino, così lontano. Nuovi scenari per una nuova Calabria e un nuovo Mezzogiorno” (*), svolta nei locali del Consiglio Regionale ad Aprile 2015, abbiamo posto il problema di un ritorno d’interesse, fatto in maniera seria e responsabile, della problematica del divario Nord-Sud, convinti che l’Italia stessa non potrà crescere se non crescerà il Mezzogiorno.
La politica nazionale dal 1984 in poi avrebbe dovuto farsi carico della più grande ingiustizia esistente nel nostro Paese, ma i Governi successivi hanno tradito ogni aspettativa e cancellato ogni speranza.
La Calabria conosce bene questa storia e, dunque, la Regione dovrà saper motivare e chiamare a raccolta l’intera classe dirigente calabrese per iniziare assieme un cammino a passo spedito., facendo perno sulla valorizzazione del cospicuo patrimonio naturale, storico ed artistico, sulla razionalizzazione e valorizzazione delle sue produzioni di nicchia del settore primario, unico settore dello sviluppo che in questa storica contingenza manifesta segnali di ripresa, sull’artigianato produttivo ed artistico, che sono le risorse del territorio ed assegnare un ruolo propulsivo all’intero mondo dell’impresa che già si scommette sui mercati nazionale ed internazionali. Sono questi i settori ai quali dare preferenza e precedenza da subito, mentre si programma e progetta un sistema di incentivi idoneo ad incrementare la capacità produttiva della piccola e media impresa capace di accrescere l’interscambio con i Paesi afro – mediterranei.
Una siffatta, mirata politica di sviluppo, intensiva ed innovativa, se perseguita con sufficiente convinzione, elaborata e realizzata in concorso con le rappresentanze sociali e le organizzazioni dei lavoratori, potrà costituire la premessa concreta per considerare e vincere la scommessa più importante: quella di generare risorse economiche ed occupazione e, per questa via, ridare speranza e dignità alla nostra terra.

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